Aglianico
Un vitigno antico originario della Grecia, introdotto intorno al VII – VI secolo a.C. nel sud Italia con il nome Ellenicon. I Romani lo ribattezzarono in Vitis Ellenica. Gli stessi Romani se ne innamorarono tanto da incentivarne la coltivazione e la diffusione soprattutto nei fertili terreni della Campania.
Testimonianze storiche di questo vitigno e del suo vino sono numerose: non mancano reperti archeologici come anfore, un torchio di epoca imperiale, una moneta bronzea raffigurante Dionisio.
Esaltato da Catone, Plinio e molti poeti e scrittori antichi, ci giungono anche altre testimonianze storico-letterarie sulle meraviglie di questo vitigno da Orazio, considerato uno dei maggiori poeti dell’età antica. Sebbene lo si conosca come uno dei più grandi interpreti del passato e autore del Carpe Diem, Orazio fu un grande estimatore e conoscitore di vini, tanto da essere considerato un vero e raffinato enologo del suo tempo.
Non a caso quest’ultimo nacque nella terra dell’Aglianico, ( Venosa ), un elemento che sicuramente contribuì al suo amore per il vino, nonché alla sua natura epicurea di amante dei piaceri della vita, dettando quelli che per molti oggi sono ancora i canoni dell’ars vivendi (l’arte di vivere).
Il nome originario Ellenico divenne Aglianico durante la dominazione aragonese, dovuto probabilmente a un’evoluzione linguistica dalla doppia L che in spagnolo si pronuncia in modo simile all’italiano gli.
Barbera del Sannio
È un vitigno autoctono tutto sannita e originario del comune di Castelvenere e non ha elementi in comune con l’omonimo Barbera piemontese.
Il Barbera del Sannio rappresenta la più viva tradizione vitivinicola di Casetelvenere. I contadini lo utilizzavano principalmente in vinificazione insieme ad altri vini, serviva a dare colore al vino, essendo molto ricco di antociani, e veniva scelto anche per conferire profumo al vino, esaltandone il piacevole fruttato con note floreali e di pasticceria.
Castelvenere ha rappresentato una importante meta in passato per l’acquisto della rinomata uva, ma i grappoli delicati del Barbera ne rendevano difficile il trasporto, tanto da dover rimanere in loco per essere vinificato esclusivamente in zona.
Falanghina
Storico vitigno campano introdotto dai coloni Greci ma conosciuto e apprezzato anche dai Romani. Esistono due ipotesi sull’origine del nome.
La prima ci dice che derivi dall’antico greco-latino “Falango”, ovvero “Palo”, utilizzato per sostenere i tralci di vite, molto vigorosi, che non consentivano una coltivazione ad alberello. Un sistema innovativo per l’epoca, riutilizzato successivamente per adattare la vite al nuovo clima e al suolo campano.
La seconda tesi vuole che il nome Falanghina derivi, per successive modificazioni, dal termine “Falernina” vino conosciuto come “vino degli Imperatori” e apprezzato dai romani nonché celebrato da Plinio, Cicerone, Orazio e Virgilio.
Una cosa è certa: la Falanghina è coltivata dalla notte dei tempi in tutta la Campania nei suoi due biotipi “mascolina” e “verace” e, pur variando di zona in zona, mantiene inalterate le proprietà e le caratteristiche primordiali in climi e suoli diversi. E’ un vino unico nel suo genere che deve essere assaggiato per poterlo pienamente apprezzare.
Fiano
Conosciuto già all’epoca romana, furono i coloni Greci a introdurlo in Campania. L’origine del nome è combattuto tra due tesi: quella romana sostiene che il nome derivi da apianis, in quanto le api andavano ghiotte di quest’uva. Mentre l’ipotesi greca – quella più probabile – poggia su fonti storiche e sostiene che il nome derivi dai coloni che lo introdussero, provenienti da Apia, antica città del Peloponneso, da cui il vitigno prese il nome di vite apiana, divenuto poi Fiano nel corso dei secoli.
Le prime testimonianze del nome Fiano si hanno nel registro dell’imperatore Federico II, vissuto nel XIII secolo, dove vi è annotato un ordine per tre “salme” di Fiano. Sul finire dello stesso secolo il re Carlo II d’Angiò impiantò nella propria vigna reale ben 16.000 viti di Fiano.